CENNI STORICI

Arruolato come soldato-minatore nell’esercito del Ducato di Savoia, è storicamente ricordato per l’episodio di eroismo nel quale perse la vita e che consentì alla città di Torino di resistere all’assedio del 1706 da parte delle truppe francesi.

Si sa poco sulla sua persona prima del gesto, tranne che proveniva da famiglia modesta.

Nella sua città natale, Sagliano (piccolo centro della bassa Valle Cervo unita all’antica Andorno Cacciorna – oggi Andorno Micca – divenuto in seguito Sagliano Micca) in provincia di Biella esiste ancora la semplice casa nella quale abitava, situata all’interno di uno dei tipici cortili del Piemonte.

Un museo a lui intitolato, dedicato al suo gesto e al memorabile assedio, si trova a Torino.

Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 – in pieno assedio di Torino da parte dell’esercito francese – forze nemiche entrarono in una delle gallerie sotterranee della Cittadella, uccidendo le sentinelle e cercando di sfondare una delle porte che conducevano all’interno. Pietro Micca – conosciuto con il soprannome di passepartout – era di guardia ad una di queste porte insieme ad un commilitone.

I due soldati sentirono dei colpi di arma da fuoco e capirono che non avrebbero resistito a lungo: decisero così di far scoppiare della polvere da sparo (un barilotto da 20 chili posto in un anfratto della galleria chiamata capitale alta) allo scopo di provocare il crollo della galleria e non consentire il passaggio alle truppe nemiche.

Non potendo utilizzare una miccia lunga perché avrebbe impiegato troppo tempo per far esplodere le polveri, Micca decise di impiegare una miccia corta, conscio del rischio che avrebbe corso. Istintivamente, quindi, allontanò il compagno (con una frase che sarebbe diventata storica: «Alzati, vai e salvati, che sei più lungo di una giornata senza pane»[1]) e senza esitare diede fuoco alle polveri, cercando poi di mettersi in salvo correndo lungo la scala che portava al cunicolo sottostante.

Il corpo di Pietro Micca fu ritrovato senza vita a quaranta passi di distanza, dove fu ucciso dalle esalazioni velenose dell’esplosione. L’ubicazione della scala su cui avvenne l’eroico gesto si è avuta soltanto nel 1958 grazie alle ricerche del generale Guido Amoretti (1920-2008), appassionato archeologo e studioso di storia patria. A lui si deve l’ideazione del Museo Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706. Secondo il conte Giuseppe Maria Solaro della Margherita, all’epoca comandante della guarnigione di Torino, la morte di Micca è da addebitarsi più ad un errore di calcolo della lunghezza della miccia che ad una deliberata volontà di sacrificare la propria vita.

Tuttavia, come ricompensa per il sacrificio supremo di Pietro Micca il Duca Vittorio Amedeo II assegnò alla vedova, Maria Bonino (sposata il 29 ottobre 1704), un vitalizio di due pani al giorno (da cui deriva il nome dialettale di micca per indicare un certo tipo di pane).

La coppia aveva anche un figlio, Giacomo (stesso nome del padre di Pietro), di appena 11 mesi.

Alla sua memoria il Comune di Torino ha intitolato nel 1897 la via omonima che collega la vicina Piazza Solferino alla centralissima Piazza Castello.